La questione delle abitazioni in Romania Pt. 2
Categorie: Housing Question, Romania
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(continua dal numero 431)
La demagogica “soluzione” della borghesia rumena
La questione degli alloggi ha attirato l’attenzione di alcuni politici rumeni, che possono trasformarla in una nuova fonte di demagogia per cullare in vane illusioni le masse proletarie e le mezze classi.
Probabilmente la soluzione più conosciuta proposta dalla classe capitalista rumena è il cosiddetto “piano Simion”, che prende il nome dal candidato più a destra alla presidenza, George Simion. In questo piano, George Simion sostiene la stessa soluzione piccolo-borghese sognata dai proudhonisti ben oltre un secolo fa. Simion afferma che “i rumeni devono avere una casa propria”, e propone quindi la costruzione di fino a un milione di abitazioni (sic) con prezzi a partire da 35.000 euro per un appartamento con 2 stanze e 50 metri quadrati. Queste abitazioni dovrebbero essere costruite fuori dalle grandi città, insieme a infrastrutture per asili, scuole, centri commerciali, farmacie, centri sportivi. In queste zone sarebbero previste strade con un minimo di quattro corsie.
Il piano prevederebbe anche un modo per finanziare queste case: «Oltre alla possibilità di pagare con risorse personali, il finanziamento avverrà attraverso un programma speciale esclusivamente per questi appartamenti, direttamente, con zero interessi per gli acquirenti, per un periodo di 10-25 anni, a seconda della richiesta». Così, un appartamento di 50-55 metri quadrati richiederebbe un acconto di 1.000 euro e una rata mensile fissa di 120 euro per 25 anni (quindi il prezzo finale sarà quello iniziale, indipendentemente dall’inflazione).
Attualmente un appartamento a Bucarest con una superficie simile e 2 camere da letto costa fra i 75.000 e i 120.000 euro (in media circa 1770 euro al metro quadro). A Cluj-Napoca, il prezzo di un appartamento con 2 camere da letto arriva a circa 280.000 euro (circa 3000 euro al metro quadro). Naturalmente, poiché il piano di Simion prevede un numero limitato di case, ci sarebbero delle condizioni particolari riguardanti la loro vendita: «L’ammissibilità si baserà su età, numero di figli, numero di proprietà (nessuna proprietà, una proprietà, due o più proprietà), stato civile, ecc.».
Quindi, non è escluso che anche le persone con “due o più proprietà” possano beneficiare di un’offerta così “generosa”. Per quanto riguarda chi costruirà queste abitazioni, Simion e il suo partito (AUR) ne sanno quanto noi! Egli sostiene che lo Stato cercherà di attirare gli investitori fornendo i terreni e le autorizzazioni, mentre darà un “piccolo tasso di profitto” ai capitalisti che costruiranno questi appartamenti. Simion aggiunge, ovviamente, che viviamo in un “libero mercato”, e quindi nessun capitalista sarà obbligato a partecipare a questo progetto, ma soltanto coloro che accetteranno un tasso di profitto inferiore alla media. «In questo programma il terreno è a carico dallo Stato. Non diamo soldi gratis, non diamo case gratis, ma le diamo al costo di produzione più una percentuale di profitto più bassa per coloro che costruiranno le abitazioni». Ma se i capitalisti non vengono compensati in un modo o nell’altro dallo Stato per aver venduto queste abitazioni accettando un tasso di profitto inferiore alla media, troveranno una collocazione migliore per i loro capitali.
Sappiamo da Engels che «Per le merci di natura più lunga subentra quindi la possibilità di vendere il loro valore d’uso al dettaglio, cioè solo per un tempo determinato, vale a dire di darle in affitto. La vendita al dettaglio realizza dunque il valore di scambio solo poco a poco; di questa rinuncia al realizzo immediato del capitale investito, e del profitto da ricavarne, il venditore viene ammortizzato con un aumento di prezzo, una maturazione di interesse il cui ammontare è determinato dalle leggi dell’economia politica e per niente affatto in modo arbitrario». (Engels, La questione delle abitazioni)
Così, anche per il capitale investito nella costruzione di questi appartamenti che si valorizzerà realizzando il valore di scambio delle case soltanto gradualmente, il capitalista dovrebbe essere compensato con l’interesse. “Ma no”, afferma Simion, questo non accadrà perché è stato fissato un “prestito a interesse zero”.
Ascoltiamo di nuovo Engels: «Nulla di più facile, per Proudhon (non appena ne abbia il potere) che promulgare un decreto che riduca il tasso di interesse all’uno percento. Naturalmente, se tutte le altre circostanze sociali restano quelle di prima, il decreto proudhoniano rimarrà sulla carta. Il tasso d’interesse continuerà ad essere regolato come prima, secondo le leggi economiche a cui obbedisce oggi, nonostante tutti i decreti; coloro che hanno credito continueranno a percepire, secondo i casi, il 2, il 3, il 4 e più percento, né più né meno come prima. L’unica differenza sarà che quanti vivono di rendita saranno molto guardinghi e anticiperanno denaro solo a quelle persone da cui non c’è d’attendersi un processo. Ecco quindi che codesto gran disegno di togliere al capitale la sua “produttività” è vecchio quanto il mondo, vecchio come le leggi sull’usura, che miravano unicamente a ridurre il tasso d’interesse, e che ora sono state abolite ovunque, poiché in pratica erano violate o aggirate, e lo Stato ha dovuto confessare la sua impotenza di fronte alle leggi della produzione sociale». (Engels, La questione delle abitazioni). A questo c’è da aggiungere che poiché gli acquirenti pagherebbero queste case in un arco di tempo di 25 anni, esse verrebbero vendute con un prestito.
Quindi le banche che concedessero questi prestiti dovrebbero essere compensate dallo Stato per l’interesse dello zero per cento. Per quanto riguarda i futuri proprietari di queste case, mentre si sviluppano le infrastrutture vicino agli appartamenti, l’affitto del terreno (che costituisce una parte consistente dell’affitto pagato per una casa o un appartamento) aumenterà di conseguenza, e quindi questi nuovi proprietari di case avrebbero molto da guadagnare affittandole a loro volta o rivendendole.
Naturalmente, i capitalisti come classe (e sappiamo che lo Stato borghese non è altro che un comitato per la gestione degli affari comuni dell’intera borghesia) possono decidere di investire in settori a basso profitto solo se prevedono un vantaggio a lungo termine come classe. Ma poiché si tratta solo dell’abbozzo di un piano, privo di dettagli importanti, che probabilmente neanche sarà messo in pratica, un’analisi completa del programma non è al momento possibile.
Dopo aver esaminato tutte queste assurdità, dobbiamo comunque affermare che questa “soluzione” molto limitata non risolverebbe in alcun modo la questione delle abitazioni. Questo progetto non coprirebbe in alcun modo nemmeno la quantità di abitazioni necessarie in questo momento. La stessa limitazione del numero di appartamenti che verrbbero costruiti (previsti fino a un milione) dimostra quanto sia inadeguato questo progetto. Simion non fa alcun cenno al miglioramento delle infrastrutture delle baraccopoli e delle zone degradate delle grandi città, e la costruzione di abitazioni al di fuori delle aree urbane non impedirà che nei prossimi anni il problema di scarsità degli alloggi possa ripresentarsi anche in quei nuovi centri abitati, quando la gente vi si trasferirà per trovare lavoro nei servizi come centri commerciali, centri sportivi, ospedali, scuole ecc. di nuova costruzione.
Per quanto riguarda lo slogan di Simion: «Ogni rumeno dovrebbe avere la propria casa», il proletariato dovrebbe sostenerlo come un modo per migliorare la situazione dei lavoratori? Questo slogan non è in realtà una creazione del genio Simion, ma è il prodotto degli interessi di classe della piccola borghesia, quale venne rappresentata già molto tempo fa da Proudhon. Quest’ultimo, insieme ai suoi discepoli, deplorava la condizione degli operai e della piccola borghesia che non possedevano una casa propria.
Questo era visto come un passo indietro rispetto ai modi di produzione precapitalistici, in cui il produttore possedeva la propria casa e persino alcuni attrezzi o un appezzamento di terreno. Il peggioramento della situazione dei piccoli produttori, in seguito alla loro espropriazione e al loro successivo ammassamento nelle fabbriche e nei quartieri operai, con condizioni di lavoro e di vita atroci, era visto come un risultato dannoso della rivoluzione industriale e dello sviluppo del capitalismo. Un piano per riportare la situazione precapitalistica non sarebbe altro che un tentativo reazionario.
La questione delle abitazioni sarà risolta dal proletariato
Il capitalismo si è sviluppato non trasformando ogni operaio in un proprietario di casa, ma togliendo la proprietà ai piccoli produttori e trasformandoli in proletari. I proletari, poi, sono condannati ad andare a vivere proprio dove il capitale ha più bisogno di loro. Se tutti i lavoratori possedessero una casa di proprietà, come sognano i piccoli borghesi, si ridurrebbe di molto la loro mobilità. Le esigenze del capitale spingono i lavoratori a spostarsi di luogo in luogo per cercare lavoro dove più forte è la richiesta, motivano i giovani con un’istruzione migliore a spostarsi per trovare opportunità di lavoro in città in cui la loro formazione è maggiormente richiesta. Ovunque il capitale vada nel suo processo di accumulazione, i lavoratori sono spinti a seguirlo. Ma proprio questa dinamica ha fatto uscire il piccolo produttore precapitalista dalla stagnazione e dalla miseria della vita di villaggio, dalla servitù personale nei confronti di un signore, e lo ha aiutato a unirsi agli altri membri della classe proletaria. Il proletariato, grazie alla sua concentrazione nelle città e allo sviluppo di moderni mezzi di comunicazione, non solo poteva esprimere maggior forza contro i propri sfruttatori rispetto ai servi della gleba, ma avrebbe anche portato con sé i semi di un nuovo modo di produzione che avrebbe segnato la fine delle classi e, di conseguenza, dello sfruttamento.
Engels esprime questa idea in modo assai efficace. Pur affermando chiaramente che la situazione dei piccoli produttori peggiorava a causa della loro espropriazione, non chiedeva di porre fine a questo processo, poiché ne riconosceva il progresso sociale, come unico modo per sviluppare il capitalismo e preparare il terreno per il comunismo. La rivoluzione socialista non potrebbe mai essere guidata da piccoli proprietari, il cui sogno più grande è quello di mantenere intatta la loro piccola proprietà a qualsiasi costo: «Il tessitore manuale che, oltre al suo telaio, possedeva la sua casetta, il suo giardinetto e il suo campicello, al di là di ogni miseria e di ogni oppressione politica, era un uomo tranquillo e contenuto “in tutta santità e decoro”; si levava il cappello davanti ai ricchi, ai pievani e agli impiegati statali, e nell’intimo era in tutto e per tutto uno schiavo. La grande industria moderna, che del lavoratore incatenato al terreno ha fatto un proletario del tutto nullatenente, libero da tutte le catene sociali e davvero libero come un uccello, è proprio questa rivoluzione economica ad aver creato le condizioni uniche e sole che rendano possibile, insomma, l’abolizione dello sfruttamento della classe operaia nella sua forma ultima, la produzione capitalistica. Ed ecco che ora questo lacrimoso proudhoniano se ne viene a deprecare come un gran regresso il fatto che i lavoratori siano scacciati da casa e focolare, un fatto che per l’appunto costituisce la condizione primissima della loro emancipazione intellettuale [..] Il proletariato inglese del 1872 è ad un livello infinitamente più alto del tessitore rurale del 1772 “con casa e focolare”. E il troglodita con la sua caverna, l’australiano con la sua capanna d’argilla, l’indiano con il suo proprio focolare avrebbero mai potuto compiere una sommossa di giugno e una Comune di Parigi?” (Engels, La questione delle abitazioni)
L’intima contraddizione dei sogni proudhoniani e piccolo borghesi di permettere a tutta la popolazione la casa di proprietà nell’ambito del regime borghese si rivelano ancora più vani proprio quando sembrano più avvicinarsi alla realizzazione di questa utopia regressiva. Il caso della Romania con la sua altissima percentuale di proprietari di case è la prova evidente che le condizioni abitative sono assai peggiori della Svizzera dove tale percentuale è inferiore alla metà di quella rumena. Se questo succede è perché non c’è e non può esserci una soluzione alla questione delle abitazioni nel contesto del capitalismo. L’unica soluzione emergerà dalla rivoluzione proletaria! Da principio la semplice sottrazione del potere politico alla classe borghese non sarà di per sé sufficiente a risolvere immediatamente la questione delle abitazioni. Tuttavia si avvierà un processo che avrà inizio con l’espropriazione delle comode case dei capitalisti, l’occupazione delle centinaia di migliaia di case sfitte, in Romania come in ogni parte del mondo, da parte del proletariato. Solo la dittatura rivoluzionaria della classe lavoratrice nel contesto della rivoluzione internazionale abolirà i rapporti di produzione capitalistici e aprirà la strada a una società senza classi né proprietà. In questo processo, le grandi città, insieme all’antitesi tra città e campagna, spariranno lentamente ma definitivamente per trovare posto soltanto nella spazzatura della storia.